Curiamo il trauma dei minori maltrattati
Milano Marathon 2016
Curiamo il trauma dei minori maltrattati
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Sta succedendo di nuovo. La porta sbatte, mia madre urla, mio padre prende qualcosa di vetro e lo lancia. Mio fratello piange. Devo correre da mio fratello. Riesco a infilarmi nella sua cameretta senza farmi vedere, lo abbraccio forte e gli dico di non aver paura. Mio padre deve aver capito qualcosa perché, dopo un secondo di silenzio, si spalanca la porta ed entra col suo passo pesante e l’odore di alcool nella camera dove siamo noi. Ha in mano uno dei suoi attrezzi da lavoro di ferro. Trattengo il respiro, come se potesse servire a rendermi invisibile e continuo a stringere mio fratello con tutta la forza che ho. Chiudo gli occhi. Ma il colpo non arriva. Sento suonare una sirena e mio padre che corre via. Apro gli occhi.

La polizia è già alla porta e sul pianerottolo ci sono i vicini che indicano me e mio fratello.

Ci hanno accolti in una Comunità dell’Associazione CAF.

Siamo arrivati che era sera, avevo i muscoli ancora tutti tesi. Un’educatrice mi ha preso in braccio e mi ha port

Sta succedendo di nuovo. La porta sbatte, mia madre urla, mio padre prende qualcosa di vetro e lo lancia. Mio fratello piange. Devo correre da mio fratello. Riesco a infilarmi nella sua cameretta senza farmi vedere, lo abbraccio forte e gli dico di non aver paura. Mio padre deve aver capito qualcosa perché, dopo un secondo di silenzio, si spalanca la porta ed entra col suo passo pesante e l’odore di alcool nella camera dove siamo noi. Ha in mano uno dei suoi attrezzi da lavoro di ferro. Trattengo il respiro, come se potesse servire a rendermi invisibile e continuo a stringere mio fratello con tutta la forza che ho. Chiudo gli occhi. Ma il colpo non arriva. Sento suonare una sirena e mio padre che corre via. Apro gli occhi.

La polizia è già alla porta e sul pianerottolo ci sono i vicini che indicano me e mio fratello.

Ci hanno accolti in una Comunità dell’Associazione CAF.

Siamo arrivati che era sera, avevo i muscoli ancora tutti tesi. Un’educatrice mi ha preso in braccio e mi ha portato a fare un bagno. L’acqua calda sulla pelle, la sua voce delicata, sentivo tutto sciogliersi e ci sono voluti pochi minuti perché crollassi in un sonno profondo. Quando mi sono svegliato ho sentito un profumo di pulito avvolgermi: avevo un pigiamino nuovo e delle lenzuola appena lavate. Però non riuscivo a parlare. I giorni seguenti sono stati tanti giorni di silenzio, volevo starmene da solo, con addosso il mio pigiamino nuovo. Poi mi hanno portato da una psicologa. Ha preso un lungo nastro colorato e mi ha dato un’estremità da tenere con la mano, lei ha preso l’altra dicendo: “Sentiti libero. Puoi giocare con tutti giochi che vedi, puoi disegnare, puoi camminare o correre. Qualunque cosa farai, io sarò qui, con te. Ti basterà dare un colpetto alla corda per sentire che ci sono. Se mi vorrai più vicino, ti basterà tirare un po’ di più.” È così che ho capito che in questa nuova casa potevo iniziare a fidarmi.
 

Di bambini con storie come quella di Mauro, o anche più gravi, ne accogliamo tanti nelle nostre tre Comunità 3-12 anni.

Il nostro compito consiste nell’offrire loro tutte le cure specifiche e professionali di cui hanno bisogno per affrontare e superare il dolore derivante dal trauma subito, con l’obiettivo di spezzare la catena che troppo spesso trasforma i minori vittime di violenza in adulti violenti o trascuranti.

Per garantire un intervento adeguato ai casi più gravi è necessaria la presa in carico da parte di un’équipe multidisciplinare composta da diversi esperti (pedagogista, logopedista, psicomotricista, psicoterapeuta, neuropsichiatra infantile).

Complessivamente tale servizio comporta una spesa annuale che si aggira intorno ai 30.000 euro.

 

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