
Giorno 7 - Erbil Little Italy
Lunedì. Ripercorriamo la strada di ieri, eccetto per l'ultima svolta: oggi siamo diretti a U2, in un campo di fatto speculare a quello di ieri ma sul lato opposto della carreggiata.
Ad accoglierci è Ahmed, l'unico operatore del campo a parlare fluentemente l'inglese. Le dimensioni di U2 sono lievemente inferiori rispetto a U3, le famiglie ammontano a 6-700 unità. All'interno c'è solo la scuola elementare, peraltro gestita in larga parte dalla stessa Terre des Hommes, che integra il personale governativo, numericamente carente. La situazione sociale presenta le stesse criticità degli altri campi di Hassan Sham: la maggior parte delle persone non ha documenti e porta ancora appresso i segni dei pregressi conflitti, dal punto di vista psicologico e qualcuno anche fisico.
Anche qui, come a Debaga, lo spazio centrale del cortile è occupato da un campo di pallavolo. Nelle vicinanze sono montate sei grandi tende usate per le attività ricreative a cui prendiamo parte.
Proviamo a contaminare l'ambiente con un po' di italianità: nelle casse risuonano alternati canzoni arabe e bans italiani che abbiamo imparato negli anni di GrEst. Dall'oratorio abbiamo inoltre preso spunto per alcuni giochi, cercando di portare maggiore varietà nel repertorio degli operatori locali.
Ad un certo punto scorgo all'interno di una tenda Massum, unica presenza maschile circondata da una quindicina di ragazzine. Incuriosito, mi unisco al cerchio. Pur non capendo una parola, intuisco dai toni e dalle risate che si tratta di una sorta di salotto d'intrattenimento in cui le ragazzine danno libero sfogo alla propria vena comica, lanciandosi in piccole recite, barzellette, racconti divertenti, imitazioni. Massum siede al centro come fosse il giudice di Italia's got talent: il punto è che, a giudicare dalle risate, darebbe il golden buzzer a tutte le concorrenti.
Per la cena Miriam ci propone un'uscita etnica, ma al contrario: il classico copione degli italiani che vanno a mangiare la pizza all'estero, spesso con la critica già pronta in tasca. Peccato, o per fortuna, che dobbiamo ricrederci: la pizza del forno a legna di Manolo non solo si lascia mangiare, è francamente buona. A tavola ci facciamo raccontare quale percorso di vita l'abbia porta proprio qui, nel Kurdistan iracheno, peraltro nel 2015, cioè nel periodo appena successivo alla massima espansione di Daesh nella zona. È un percorso costellato di esperienze pregresse, scelte coraggiose, intraprendenza e testardaggine. Negli occhi non si legge traccia di rimpianto, affatto.
Si conclude così la nostra settima giornata qui. Una giornata con qualche tinta tricolore. Ci stiamo cominciando ad abituare, eppure il conto alla rovescia segna già -4. Italia ci manchi sì, ma ancora per un po' ce la saremmo cavata con questa piccola little italy chiamata Erbil.