Di corsa con un Barbapapà per la FARO-Valerio Liprandi
Di corsa con un Barbapapà per la FARO-Valerio Liprandi
Di corsa con un Barbapapà per la FARO-Valerio Liprandi
Di corsa con un Barbapapà per la FARO-Valerio Liprandi

Di corsa con un Barbapapà per la FARO


È da anni che macino chilometri di corsa, ma sempre in solitaria, in percorsi autorganizzati, talvolta improvvisati e sempre un po’ più complessi, come un po’ più complessa è la realtà. Avevo iniziato a correre per abbattere una forma d’ipercolesterolemia ereditaria, ma ora corro perché non ne posso più fare a meno, perché ne avverto un bisogno fisico, perché alle nequizie dell’esistenza la corsa è in fin dei conti uno dei pochi rimedi. Corro affinché le endorfine mi consentano d’immergermi in lisergici flussi di coscienza, per abbattere il limite precedente, per sentirmi vivo e perché, forse, dalla corsa ho finito per diventare dipendente. Ho percorso maratone e tragitti di oltre sessanta chilometri, salite e discese, con qualsiasi condizione climatica, dal caldo asfittico al rigore invernale. Non sono né veloce né scattante, ma resistente – e resiliente –, fedele al motto di Francesco Saverio Borrelli («resistere, resistere, resistere»). Nel mio personale pantheon podistico, a differenza di quello di Veltroni (che andava da Gandhi a Craxi), trovano spazio Forrest Gump, l’eroico Carlo Airoldi coi baffi a manubrio, il puggile Geeno protagonista di Ahia ma sei scemo e Filippide: è a loro che m’ispiro. Aborro le convenzioni, le programmazioni maniacali, la vita da atleta modello, i corridori fighetti ed equipaggiati di tutto punto: corro in costume da bagno o in bermuda, a petto nudo con qualsivoglia temperatura e indossando copricapi bislacchi; non mi rifocillo con acqua della fonténa o integratori, ma con birra o grappa, e se, durante il tragitto, m’imbatto in cadaveri di lucertole o serpenti, li raccolgo e li porto via con me. La corsa è libera espressione anarcoide: imbrigliarla in schemi, per me, le farebbe perdere di significato. Per questo non ho mai partecipato a manifestazioni organizzate.

Ma stavolta è diverso, stavolta un significato c’è.

Avevo conosciuto la FARO tramite una cara amica che vi lavora, e fin da subito ero rimasto piacevolmente impressionato dal potente e preziosissimo valore sociale di un’associazione che assiste gratuitamente i malati che necessitano di cure palliative e i loro parenti più prossimi.

Qualche settimana fa mi sono imbattuto nella FARO ancor più da vicino. Una carissima persona che per me era molto più di un amico è stata divorata dalla leucemia in un’età nella quale bisognerebbe poter far tutto fuorché morire, lasciando un vuoto enorme. La FARO le ha consentito di trascorrere a casa, tra i suoi affetti e nei suoi luoghi, quanto gli rimaneva da vivere, prestandole assistenza domiciliare e istruendo i suoi eroici familiari sul da farsi.

Ho deciso di correre la mezza maratona di Torino in compagnia del mio alter ego, un Barbapapà rosa, raccogliendo fondi per questo ente così valoroso e per onorare la memoria di Davide. Spero vogliate aiutarmi a conseguire l’obiettivo che mi sono prefissato.

Addavedài.

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