I DID IT ! -Marina Franceschi

I DID IT !

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Sono tornata da Londra con la mia medaglia. Che non ho voluto sfilare neanche alla security area dell'aeroporto. 

E ne sono molto orgogliosa. Perché, simbolicamente, racchiude le emozioni di un anno e le emozioni di quel giorno fantastico. 
Ma mi allargherei a un orizzonte ben più lontano.  
Pensare che un cancro possa arricchirti... mi sembra impossibile solo ad averlo pensato. 
Questa malattia è pericolosa, ti mette a confronto con la morte. È subdola. Perché si insinua nella tua mente e ti fa sentire dall'altra parte della barricata. 
Ma, paradossalmente, devo ammetterlo...è proprio così, la malattia mi ha arricchita.
Perché il mio cuore ha centuplicato la sua forza di amare, in modo universale. 
E divoro la vita ogni giorno dalla diagnosi. 
Quanto batte forte il mio cuore. 
Ha battuto forte tutto questo lungo anno di preparazione alla maratona di Londra, aiutandomi a far emergere tutta la grinta e determinazione che mi riconosco, sia dentro che fuori dal campo. A ogni allenamento. Qualche volta facendo fatica a sottrarre tempo alla famiglia, ma orgogliosa di farlo, soprattutto per coloro che tanto professionalmente hanno impiegato le loro risorse per far sì che tutto questo succedesse. 
Ha battuto forte con le mie meravigliose compagne che con me hanno condiviso questa incredibile esperienza, anche le persone speciali che appartengono alla squadra delle "veterane", conoscendole meglio. Vivendo con loro momenti che mi porterò sempre dentro. 
Batte sempre fortissimo per i nostri medici, quanto siete importanti... quanto vi sono riconoscente... Stefania, Silvia, Chiara, Tania, Antonella e Andrea. Correre con voi è condividere bel altro che la corsa. È unirsi nella lotta, è sentirsi capite. 
Ha battuto così forte quando ti ho vista Barbara, ti ho vista al mio trentacinquesimo kilometro abbattuta e sfinita da un intollerabile dolore al ginocchio. Ma tu, tra il pubblico, tu che sei stata costretta a rinunciare alla tua maratona, hai accolto il mio abbraccio e asciugato le mie lacrime.  E mi hai dato il FORZA MARINA CHE CE LA FAI che è stato il mio motore per arrivare al traguardo. 
E questa medaglia è orgogliosamente anche un po' tua dolce Barbara. 
Mentre correvo, non riuscivo a non pensare a quanto fosse importante esserci: avevo promesso a una dolce amica, Paola, che avrei corso anche e soprattutto per lei. Ma Paola è Marina, è tutte le donne che vivono purtroppo la malattia e che hanno bisogno di ricevere il messaggio giusto. Ma che sia sempre un messaggio di vita. Nonostante tutto. 
E mentre correvo pensavo anche a te Catia, pensavo alla tua lotta e alla tua forza. Al tuo commovente in bocca al lupo prima della corsa, a quanto ti festeggeremo quando riprenderai a correre con noi!
E quanto batte forte il mio cuore per te Valentina, sei un valore aggiunto per la squadra e sapessi quanto di te mi porto dentro. 
E il cuore ha battuto all'impazzata quando, sfinita dal dolore e immensamente felice di arrivare al traguardo, ti ho vista Sandra. Mi sei venuta incontro e ci siamo abbracciate. 
Le emozioni del cuore. Le emozioni di un anno. E quanto mi sono lasciata andare nel tuo "sapevo che ce l'avresti fatta Mari!".
E ancora batte così forte per tutte le volte che questo incredibile anno mi ha dato la forza di affrontare le mie paure. Che sono sempre lì. E che minacciano i miei pensieri. 
Ma ecco perché il cancro mi ha arricchita. 
Non mi sento al sicuro.... ma questo bisogno di amare gli altri e la vita è diventato ancor più impellente, è un bisogno meraviglioso di cui non potrò più fare a meno. 
E quanto bello è amare...

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“Signora Franceschi Marina, si presenti qui da noi, al Day Hospital, I.O.V. Istituto Oncologico Veneto, 16 luglio 2014, ore 12:00”.

Era il mio primo appuntamento con quella poltrona, LA poltrona. E guardavo inebetita quella sacca rossa il cui contenuto sarebbe entrato nelle mie vene di lì a poco.

Nulla poteva la stretta forte di mia sorella Daniela. E il suo sguardo rassicurante, per quanto le fosse possibile, non sortiva alcun effetto su di me: le lacrime uscivano ininterrotte in un pianto sommesso… accompagnato da un senso di angoscia che non potrò mai più dimenticare. Che ci facevo lì, mi chiedevo. Perché tutto questo stava succedendo proprio a me. E mentre il cuore batteva forte, la mente incontrollata frullava pensieri inquietanti… cancro, proliferazione al vetrino da incubo, mastectomia… chemioterapia. Tutto in 2 settimane. Una vita in bilico e un futuro sgretolato. Tutto in 2 banali, semplici, normalissime settimane.

Io che ero cresciuta col cancro in casa, da nipote con mia nonna e mia zia materne, da figlia.. con la mia meravigliosa mamma, unica sopravvissuta a questa ecatombe. Io che proprio per effetto di quest’altissima familiarità, mi sottoponevo a protocollo mirato! Ma come era possibile che mi avesse colpita, dopo solo 5 mesi da uno screening completo negativo?  E mentre le lacrime scendevano, mi chiedevo come avrei potuto nascondere tutto questo. E pensavo ai miei capelli, mi sarebbero cadute anche le ciglia? Mio Dio, come avrei potuto fare.

Poi arrivò un’infermiera e con la delicatezza di una mamma alle prese col suo piccolo neonato, mi avvisò, quasi scusandosi : ”Ecco Marina, ora cominciamo con il chemioterapico, vedrai, andrà tutto bene”. No. Non andava affatto bene, anzi. E piansi più copiosamente, disperata.

Ma avvenne qualcosa di straordinario: lei mi si avvicinò e mi abbracciò. Un abbraccio fermo, lungo, dolcissimo. E in quella dolcezza mi abbandonai, esausta… e il rosso scese dalla sacca.

Noi non ci conoscevamo. Non era tenuta a farlo, ma lo fece! E lo ripeté più volte quel pomeriggio: entrambe in silenzio, non c’era bisogno di parlare, l’amore di quegli sguardi era sufficiente.

Fu in quel momento che scattò la mia reazione: lo I.O.V. non era più un luogo ostile e distante, ma la sofferenza comunque presente appariva diversa, ora riuscivo persino a cogliere i sorrisi delle donne di fronte a me, chi distesa, chi seduta… chi senza capelli, chi con foulards sbarazzini e vivaci... perché sì! Era incredibile!

Ma quelle persone mi sorridevano.

Quel luogo trasudava amore e io riuscivo a percepirlo.

E fu così che l’Istituto Oncologico Veneto divenne la mia seconda casa. E con la mia prima timida ma ferma reazione alla malattia, sarebbe maturata prepotente la consapevolezza dello straordinario lavoro di coloro che mi hanno presa in carico con professionalità, amore e infinita dedizione.

E si sarebbe consolidata in me l’importanza della RICERCA. Perché solo tramite il suo progredire possiamo guadagnare la possibilità di limitare le storie simili alla mia, garantendo a tutte noi e alle donne che ogni anno si ammalano di tumore al seno un concetto di futuro, perché credetemi… quando ci si ammala il futuro ti sfugge dalle mani. E fa male.

Sono passati 3 anni da quel primo appuntamento.

3 anni duranti i quali ho conosciuto persone meravigliose, i medici che mi hanno operata, gli oncologi che mi seguono e i miei angeli custodi del Day Hospital : Cinzia, come potrò scordare quei tuoi abbracci e Debora, Chiara, Monica e Paola.. quante lacrime, ma anche quante risate!

E sono venuta a contatto di progetti meravigliosi, di R.Y.L.A. La OnLus per merito della quale ho potuto aderire, con la fortuna di essere selezionata, al progetto #runforIOV della maratona di Londra, aprile 2018. Non penso esista acronimo più fantastico di questo: R.Y.L.A. … Run Your Life Again.

Corri ancora la tua vita.

E diventa attrice della tua vita.

Non far sì che la malattia te la condizioni.

E, sopra ogni cosa, fai in modo che ogni possibile impegno possa concretizzarsi in una donazione a favore di I.O.V. Istituto Oncologico Veneto.

Ecco perché corro.

Sarà durissima, io parto da zero e compio 57 anni tra pochissimo.

Ma tutta la FORZA che ho dentro è per me, per tutte noi e per tutte coloro che in questo momento stanno affrontando un’altra maratona, quella per la vita.

Amici miei carissimi, aiutatemi dunque anche voi!

Siate con me in questo percorso e donate ciò che potete per finanziare la ricerca!

Infinitamente grazie, DI CUORE.

 

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