
3 rifugi (Val Pellice) - 16.07.22
Non sempre le cose vanno come hai immaginato.
A volte gli ostacoli capitano quando meno te li aspetti.
Era l'anno in cui dovevo scendere sotto il muro delle 3 ore.
Partenza studiata, in gruppo con gli atleti giusti, quelli da tenere fino alla fine.
A metà gara sono nei primi 25, il caldo si fa sentire e mi aspetta il pezzo più duro, la salita al Manzol.
Eterno, inizia a farsi sentire la pubalgia, mi sorpassano da destra, sinistra, sotto e sopra, sete insaziabile.
Ci sta, la preparazione sul lungo quest'anno era poca, considerando che la gara era stata anticipata di un mese rispetto all'anno scorso.
Mentalmente però sapevo che potevo perdere qualcosa in quel tratto per recuperare dopo, gli ultimi 8 km di discesa e falso piano sarebbero stati il mio pezzo forte.
Scollino l'ultima, straziante, salita.
Ora il momento di divertirsi, almeno così credevo.
Eccesso di sicurezza, stanchezza, e chi più ne ha più ne metta, la mia discesa dura 100 m per poi inciampare in un sasso ed iniziare a rotolare nella pietraia.
Sento battere la testa, poi il braccio e poi non capisco più nulla finché non mi fermo. In ginocchio vedo colare sangue dalla testa, alzo lo sguardo e vedo scarpe, cappellino, occhiali sparso lungo la caduta.
Ricevo i primi soccorsi da uno spettatore, mi lavo velocemente, mi rivesto, cerco di tamponare il più possibile e quando capisco che mi reggo in piedi riparto.
Spavento, rabbia e delusione mi accompagnano con una corsetta fino alla fine.
Finisco con le lacrime agli occhi, non per il male, che in quel momento era passato in secondo piano, ma per la delusione, per un risultato che tanto aspettavi, che hai intravisto, gettato via in una pietraia.
Poi il giorno dopo guardi i lividi, le ferite, gli ematomi e accetti che finire in 3:14:54 è meglio che restare distesi su una pietraia.
Per fortuna il referto dice nessuna frattura.