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A che punto siamo

C’è un dato, tra quelli emersi dall’ultima edizione di Donare 3.0, che dice più di tante slide:
un dipendente su tre sa che la propria azienda dona, ma solo la metà sa per cosa.
Un segnale chiaro: la responsabilità sociale non può più restare chiusa in un cassetto, confinata a un reparto o a un report di fine anno. 

Il dono non è più un gesto solitario ma collettivo 

Nel 2025 il crowdfunding ha raggiunto il suo massimo storico: il 23% dei donatori digitali lo ha scelto.
Il 32% degli italiani ha donato almeno una volta durante un acquisto online. Lo smartphone è ormai lo strumento principale per donare — segno che la solidarietà è diventata parte della nostra quotidianità, semplice come un click. Ma non solo.
Otto persone su dieci vogliono sapere concretamente quale impatto ha generato la propria donazione.
Le persone non si limitano più a dare: vogliono vedere, capire, sentirsi parte. 

Le ONP devono uscire allo scoperto. 

In questo scenario, le Organizzazioni Non Profit hanno un compito urgente: abbandonare la sindrome dell’impostore.
Non si può più aspettare di essere “scelte” dalle aziende.
Serve il coraggio di proporsi, di portare storie vere, dati trasparenti, momenti di incontro in azienda.
Non per raccogliere e basta, ma per raccontare il valore reale che un progetto genera sul territorio e nella comunità. 

Lo dice Donare 3.0: l’analisi dei dati è ormai vitale.
Chi misura l’impatto, chi rende visibile ogni euro raccolto, costruisce fiducia.
E chi racconta bene il proprio lavoro, attiva reti di alleanze: perché la generosità è contagiosa, ma solo se qualcuno la fa vedere. 

Le aziende devono coinvolgere partendo dai dipendenti 

Dall’altra parte, le aziende hanno un’enorme opportunità: non limitare la CSR a un piano annuale.
Non lasciarla chiusa in un ufficio tecnico.
Il dono, per generare valore autentico, deve diventare parte della cultura aziendale, un’esperienza partecipata. 

I dati parlano chiaro: 

  • Il 34% degli italiani è pronto a diventare Ambassador per una causa in cui crede. 
  • Il personal fundraising aziendale cresce a doppia cifra (+31%), segno che quando i dipendenti diventano protagonisti, la solidarietà fa un salto di qualità. 
  • L’86% dei dipendenti di aziende che promuovono iniziative di CSR si dichiarano orgogliosi della loro azienda, contro il 43% dei dipendenti di aziende che non prevedono iniziative nell’ambito della Responsabilità Sociale d’Impresa 

 

Donare30 dipendenti

Che forma può avere questo coinvolgimento? Charity program, bandi per sostenere associazioni locali votati dai dipendenti, team challenge solidali. Tutto ciò che trasforma la donazione in esperienza di gruppo, in occasione di coesione e orgoglio. 

Un esempio virtuoso è rappresentato dai charity program legati alle maratone, in particolare quelli con formula a staffetta, ideale per le aziende: quattro colleghi formano una squadra e si alternano lungo il percorso, condividendo un obiettivo sportivo e solidale. 

Nel solo 2025, oltre 200 aziende hanno partecipato a questi programmi, coinvolgendo i propri dipendenti e raccogliendo, attraverso le loro reti e quelle dei collaboratori, oltre 700 mila euro. Un dato significativo: oggi circa un terzo della raccolta fondi dei charity program proviene proprio dal coinvolgimento aziendale. 

Un numero in costante crescita, favorito dalla possibilità di coniugare benessere, sport e solidarietà in un’esperienza collettiva ad alto impatto. 

Partecipare a un progetto sociale insieme ad altri colleghi crea legami, stimola il senso di appartenenza e offre alle organizzazioni una grande opportunità per cementare il dono in qualcosa di più importante e significativo 

Il nodo comune è la relazione
“Il dono non è transazione, ma relazione.”
Le persone vogliono capire, sentirsi parte di una storia, diventare moltiplicatori di valore. Vale per i donatori, per i dipendenti, per le comunità.
Non è un caso che i progetti locali siano quelli più sostenuti: oltre 2 su 3 piattaforme come Rete del Dono nascono per rispondere a un bisogno vicino, tangibile, riconoscibile.
Progetti dove il “noi” conta più del “quanto”. 

 

Una sfida e un invito per tutti 

Per le organizzazioni: avere il coraggio di entrare in azienda, non solo per raccogliere fondi ma per raccontare il vero impatto generato, fa la differenza.
Per le aziende: far vivere la CSR ai propri collaboratori, lasciando spazio a iniziative partecipative, trasparenti e co-progettate, è vincente. Perché in fondo — e i numeri lo dimostrano — le persone sono pronte a donare, a mettersi in gioco e a diventare ambasciatori di un cambiamento collettivo. 

Il dono è costruire. Insieme. 

Valeria Vitali

Dopo una laurea in Scienze Politiche presso Università degli studi di Pavia e un Master in Cooperazione e Sviluppo a Barcellona, ha iniziato il suo percorso professionale in Italia, occupandosi di comunicazione, per poi allargare i suoi orizzonti all’estero. È proprio qui che nasce l’idea di Rete del Dono, l’idea di diffondere in Italia una rivoluzione culturale che avvicini le persone al dono, inteso come gesto di impegno civile. L’innovazione digitale ha fatto la sua parte, facilitando e dando maggior concretezza a questo progetto costruito insieme ad Anna Siccardi.