Anche quest’anno abbiamo partecipato alla Civil Week di Milano, ma in maniera diversa. Non abbiamo accompagnato una scuola alla Civil Week, abbiamo portato la Civil Week a scuola. Perché non basta far vedere quanto è bello l’impegno sociale, bisogna provarlo. E quando si abbraccia una causa, c’è un solo livello che dimostra di averla davvero condivisa a pieno: chiedere donazioni per essa. Allora abbiamo sfidato i ragazzi: organizzate la vostra raccolta fondi.
I partecipanti erano circa una trentina. La dirigente scolastica, la professoressa Anna Lamberti, ci ha accolto presso l’Officina della Partecipazione e della Creatività, un luogo all’interno dell’istituto, messo a disposizione proprio per iniziative di questo tipo. Con noi c’erano una serie di organizzazioni non profit che già lavorano con la scuola.
Abbiamo spiegato velocemente ai partecipanti come nasce una raccolta fondi:
- aver chiara la causa
- scegliere un obiettivo, economico e pratico
- trovare un titolo
- preparare un messaggio chiaro e conciso
- coinvolgere un gruppo di persone che per primi spingeranno la raccolta
- inventarsi una sfida, per invogliare i donatori a donare.
- scegliere i canali e gli strumenti da utilizzare
- e altri consigli di base, sempre utili, ma soprattutto indispensabili.
In 30 minuti, i ragazzi dovevano dividersi in gruppi e poi iniziare a creare.
L’occasione per la raccolta era la partecipazione alla Milano Marathon, più in particolare alla staffetta, un momento entusiasmante di sport all’interno della città, ma allo stesso tempo anche l’occasione per unire la gara a uno scopo solidale. E infatti non è mancato chi si è inventato di proporre sfide ai donatori per invitarli a donare. La Milano Marathon era un esempio per spiegare ai ragazzi quanto fosse utile sfruttare un evento per raggiungere l’obiettivo della raccolta, motivare i team e i volontari, e coinvolgere coloro che vorremmo invitare a sostenerci.
I quattro gruppi hanno proposto tutti progetti diversi. Ci ha fatto pensare, notare come le tematiche siano profondamente sentite proprio da quelli della loro generazione
Un gruppo ha proposto Medicinema, una cinema-terapia per rendere accessibile il cinema a tutti. Altri hanno optato per un gruppo di sostegno alle fragilità presenti nel quartiere, per la cooperativa RiPari. Altri ancora sono andati sui temi ambientali, per proteggere le api con OCN – Orto comune Niguarda.
Molta attenzione è stata posta sul pubblico da raggiungere, e tutti si sono focalizzati sui pari-età. Un punto, questo, da non trascurare e molto giusto, perché è più facile raggiungere chi condivide con noi un registro linguistico simile (e una sensibilità condivisa).
Anche l’ambiente di diffusione del messaggio, per alcuni la scuola, per altri la zona locale, rappresenta il luogo a cui i ragazzi si sentono più vicini e in cui preferiscono muoversi, come tutti i personal fundraiser.
Infine i canali, prediligendo Instagram e Whatsapp, ma anche – e questo è interessante – locandine e volantini. Come per dire che l’offline non è affatto finito, se è di prossimità.
La bellezza di lavorare con i giovani è che non hanno limiti alla creatività, e si sente. Per le Non profit è una ricchezza, per loro la possibilità di sentirsi partecipi della propria società, che troppo spesso chiede loro di “aspettare il loro turno”. Poter impegnarsi fino a chiedere fondi li valorizza e li responsabilizza, ed è interessante che nessuno si sia tirato indietro.